Intelligenza emotiva: la sintesi degli opposti, per la soft skill che cambia la qualità della vita.

Cosa può esserci di intelligente, o meglio di razionale in un’emozione? Pensare le due cose: intelligenza ed emozione nella stessa frase può sembrare una contraddizione in termini. Non lo è se quella razionalità, quell’intelligenza la si usa per conoscere, percepire, interpretare e gestire le emozioni.

Come abbiamo ricordato più volte nei nostri articoli, in qualsiasi momento, in ogni lavoro in cui si ha a che fare con le persone si ha a che fare con le loro emozioni e con i loro sentimenti. Ecco perché saper padroneggiare “l’intelligenza emotiva”, una delle 10 soft skills indicate dal World Economic Forum tra le più ricercate dalle aziende oggi, diventa un plus fondamentale. 

Le soft skills sono quelle qualità, quelle attitudini, quelle capacità prettamente umane, in grado di fare la differenza in un mondo del lavoro che si affida sempre più alla meccanizzazione o all’informatizzazione. 

Si comincia a parlare di intelligenza emotiva negli anni “90 del secolo scorso. In particolare il concetto viene coniato Peter Salovey e John D. Mayer, due psicologi americani, anche se diventa oggetto di un interesse più diffuso solo dopo la pubblicazione, da parte di Daniel Goleman, giornalista scientifico, del libro: “Intelligenza Emotiva: Che cos’è e perché può renderci felici“. 

Infatti i primi due definiscono l’intelligenza emotiva come la capacità di una persona di riconoscere, di distinguere, di etichettare e di gestire le emozioni proprie e degli altri, per una crescita emotiva ed intellettuale. Sarà poi Goleman a legare l’intelligenza emotiva al mondo del lavoro e dell’organizzazione aziendale, quale aspetto determinante per il successo economico e di una leadership. 

Per Salovey e Mayer, l’intelligenza emotiva include quattro diverse abilità come la percezione delle emozioni, il loro uso quindi la capacità di includerle nel pensiero o per la risoluzione dei problemi. Questo significa anche comprendere le emozioni e la loro evoluzione, per poi gestirle al fine di raggiungere determinati obiettivi. 

Per Goleman l’intelligenza emotiva implica una serie di competenze utili alle persone in particolare nel campo della leadership. Per questo è necessaria la consapevolezza, la conoscenza di sé (emozioni, punti di forza e debolezze…) in modo da potersi meglio autoregolare. L’intelligenza emotiva aumenta quindi le nostre abilità sociali, rafforza la capacità di motivazione e di empatia, ovvero di comprendere le persone e il loro stato d’animo. 

Tutto questo permette di instaurare relazioni positive con gli altri. L’intelligenza Emotiva è determinata in parte da competenze innate, ma soprattutto va appresa, sviluppata e migliorata, in particolare nell’ambito delle relazioni lavorative. 

Cosa significa nel concreto applicare l’intelligenza emotiva nelle relazioni e nello specifico nei rapporti di lavoro? 

Significa mettere in campo tatto, sensibilità, umanità in ogni rapporto, nelle squadre e nei gruppi di lavoro. 

Molto spesso, infatti, ci concentriamo più sul cosa dire e sorvoliamo sul come lo diciamo, dimenticando che le due cose sono inscindibili. Abbiamo tutti più o meno esperienza del fatto che esistono persone che possono dirci qualsiasi cosa senza per questo farci irritare e che invece ce ne sono altre che anche quando ci mettono di fronte a cose giuste, per il solo modo in cui lo fanno ci infastidiscono, innervosiscono e ci portano ad un atteggiamento di chiusura. 

Usare intelligenza emotiva è quindi anche essere capaci di dire quello che si pensa, senza ferire nessuno. Dire la cosa giusta, nel modo giusto, al momento giusto. 

Facile a dirsi farete notare, ma da fare? Già è difficile dire tutto quello che si pensa, per i più disparati motivi che non sono solo il timore di ferire qualcuno, ma anche la paura di esporsi per esempio. Siamo consapevoli che i “non detti”, ciò che rimane inespresso continua a lavorare dentro e diventa malumore. I malumori accumulandosi si trasformano in problemi, i problemi che non arrivano a soluzione si tramutano in conflitti. I conflitti sfociano spesso in litigi, che sembrano così non avere apparentemente alcun motivo. 

Parimenti non è altrettanto proficuo dire tutto quello che si pensa senza filtri, andare dritti per la propria strada con la sensibilità di un elefante in una cristalleria può causare notevoli danni, per i quali potrebbero non essere sufficienti le scuse. 

Se ci pensiamo bene sono gli ambienti in cui ci sentiamo apprezzati, che ci mettono a nostro agio, in cui non solo preferiamo stare, ma che ci permettono di dare il meglio, e questa cosa vale per tutti e in qualsiasi ambito. 

È importante quindi imparare a fermarsi, a riflettere, a contare fino a dieci prima di parlare o inviare una e-mail. È essenziale sapersi mettere nei panni degli altri, per comprendere le loro ragioni. Tutti abbiamo bisogno di attenzione, di umanità, più si alza il livello più ci rendiamo conto che diventano essenziali le persone, prima dei numeri. Per puntare alto impegniamoci quindi a riscoprire le cose fondamentali come le relazioni umane. 

Come applicare e allenare quindi la nostra intelligenza emotiva? Partendo dai fondamentali. 

Quando incontriamo qualcuno o lo sentiamo per telefono, in chat o via e-mail, porre una domanda semplice quanto sostanziale: “Come stai?”, senza dimenticare di ascoltare veramente la risposta. 

Nel lavoro, e non solo, siamo abituati al “Cosa hai fatto?”, “Che risultati hai ottenuto?”, “Hai chiuso la pratica o il tal contratto?”. Lo stesso accade a casa, quando tornano i figli da scuola siamo più propensi a chiedere “Cosa hai fatto oggi?”, prima di “Come sei stato?”, “Come ti sei sentito?” 

E se ci troviamo a dover dare una risposta, impariamo a contare fino a dieci, a prendere il tempo per valutare i diversi aspetti della situazione, sulla reale necessità per esempio di inviare una e-mail o un messaggio e in quali termini farlo. La tecnologia oggi ci aiuta in questo, se da un lato ci spinge alla velocità, dall’altro ci permette di salvare delle bozze, di riprendere e ripensare le cose prima di inviarle, e di evitare quindi di fare danni sia materiali che nelle relazioni. 

E dove non riusciamo ad arrivare da soli, imparare a farsi aiutare, imparare a cercare chi è più bravo di noi per migliorare, non smettere di formarsi ed imparare.

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