Milano, città dell’amore. – Emanuele Maria Sacchi

Il mio amico Diego vive a Barcellona e tempo fa venne per la prima volta a Milano. Andai a prenderlo all’aeroporto, lo vidi uscire circondato da un folto gruppo di persone, sembravano conoscerlo.

 

– Ciao Diego, sono felice di rivederti, com’è andato il viaggio?

– Benissimo – rispose lui, – la hostess era incantevole e sull’aereo c’era un sacco di gente simpatica.

– A proposito – lo interruppi io, – chi erano tutte quelle persone con cui sei uscito dall’aeroporto ridendo e scherzando?

– Sono quelle persone simpatiche di cui ti stavo dicendo. Le ho conosciute sull’aereo. Sai com’è, si inizia a chiacchierare del più e del meno e in attimo si diventa amici.

No, non sapevo com’era. Non sapevo come si diventa amici in un attimo. Io, le mie poche amicizie, le ho costruite a poco a poco, le ho sudate. Le ho dovute rinsaldare spesso. Le ho rincorse e alcune le ho perse.

Diego mi mise un braccio intorno al collo e quasi saltellando dall’eccitazione disse: – Sono strafelice di essere a Milano, finalmente ti rivedo e scopro questa straordinaria città!

– Straordinaria? – aggiunsi sottovoce io, o forse lo pensai soltanto. – Che cosa avrà Milano di straordinario?

Prendemmo un taxi per il centro. Diego mi parlava e intanto non staccava lo sguardo dal finestrino.

– Che bello questo parco, come si chiama?

– È il parco Forlanini, uno dei pochi polmoni verdi della città.

Alcuni minuti dopo Diego, tirando completamente giù il finestrino, ribatté: – E quello, quello là, sotto la tangenziale?

– Quello è il parco Lambro.

– Evviva – esplose in tono fragoroso Diego, – già due polmoni verdi, e a poca distanza l’uno dall’altro! Lo sapevo che questa era una città straordinaria…

– Straordinaria – replicai debolmente, – sì, c’è il Duomo, c’è il Castello Sforzesco, ci sono le vie della moda, ma poi…

– Poi ti sei dimenticato la Galleria Vittorio Emanuele, la Scala e un sacco di angoli nascosti – mi incalzò Diego. – Sai che nella mia guida c’è scritto che un palazzo privato, in pieno centro, ha un giardino con dentro una ventina di fenicotteri rosa? C’è anche scritto che dalla strada si possono vedere, non è incredibile?

– Sì, lo è – ammisi forse un po’ a fatica, – il palazzo è in via dei Cappuccini, lo conoscono in pochi, dopo ti ci porto.

Il taxi proseguiva a rilento nel traffico del mattino. Il mio amico sembrava godere di quella lentezza, che gli permetteva di conoscere meglio le vie della città.

Al momento di scendere, Diego ringraziò vivacemente l’autista e gli fece i complimenti per la guida. Il tassista lo guardò perplesso e disse: – Che cosa c’è, mi sta prendendo in giro?

– Assolutamente no – rispose Diego, – anzi, sono rimasto colpito da come è riuscito a destreggiarsi nel traffico, e senza correre alcun rischio inutile. Inoltre la musica che ascolta è molto gradevole.

– Già – rispose lui un po’ perplesso.

– Le auguro un’ottima giornata. Arrivederci.

– Arrivederci – e il tassista ripartì.

Io guardai Diego con curiosità e gli chiesi se quel che aveva detto al tassista avesse un qualche significato.

– Può darsi – rispose con l’aria di chi vuol fare il misterioso, – può darsi…

Appena scesi dal taxi, Diego volle bersi un caffè espresso italiano. Entrammo in un piccolo bar, dalle parti di Brera. Un omone con due piccoli occhi sottili soffocati dal grasso stava seduto alla cassa, lo sguardo attento sui camerieri, in attesa di un pretesto che desse il via al rimprovero. Se cerchi un motivo per criticare, spesso lo trovi: e infatti un giovane cameriere, porgendo il tè a una signora, ne rovesciò due gocce, forse tre, nel piattino. Cercando di rimediare, fece invece cadere i biscotti che accompagnavano il tè. L’omone fece finta di trasecolare, ma io notai in lui una certa espressione di piacere: – Allora, cosa aspetti? Porta subito degli altri biscotti alla signora!

Diego si rivolse al cameriere con un sorriso, prese dei soldi e li lasciò di mancia. Poi porgendosi verso di lui, gli disse: – Scommetto che, anche se sono caduti dei biscotti, lei è una persona valida e affidabile – e senza aspettare la risposta mi prese per un braccio e uscimmo dal bar.

Appena fuori dal locale, ridendo, strattonai il mio amico e gli dissi: – Allora, dopo i complimenti al tassista, adesso hai voluto consolare quel giovane cameriere… Ora cosa ci aspetta?

Diego non si fece pregare. Vide una maestra, capelli neri morbidi sulle spalle e aspetto curato, che stava accompagnando la sua classe di bambini, forse al Museo di Storia Naturale, in corso di Porta Venezia. Le si avvicinò con moderazione e le chiese come facesse a tenere quel gruppo di bambini così ordinato. – Sa – disse Diego, – io ne ho uno solo e già mi basta; lei dev’essere un’eccellente insegnante.

La donna parve sorpresa da quelle parole, e quasi scusandosi, disse:

– Non sono una maestra, sono la mamma di quella bambina con la camicia azzurra. La maestra è quella signora in fondo al gruppo.

– Davvero? – esclamò Diego. – Devo dire che la sua calma è ancora più straordinaria. Oltre a essere un brava mamma, secondo me sarebbe anche un’ottima insegnante – e con un sorriso la salutò.

– Allora Diego – dissi io, – qual è il tuo piano? Che cosa stai combinando?

– Il piano è semplice – rispose, – sto cercando di portare l’amore a Milano.

Credo che mi brillarono gli occhi per lo stupore, a cui subito seguì un’evidente forma di scetticismo: – E come pensi di farcela da solo?

– Non sono solo – rispose Diego tranquillamente, – magari sono riuscito a migliorare la giornata a quella signora, o a quel barista, o forse al tassista. È ancora presto e durante l’arco del pomeriggio loro incontreranno tante persone. Forse saranno gentili con quelle persone, che a loro volta lo saranno con altre… E se soltanto una parte di loro lo farà… accidenti, amico mio: ti rendi conto che abbiamo messo in piedi una cosa eccezionale?

– E se quelle persone non fossero affatto gentili con gli altri? – domandai io incredulo.

– Pazienza, tuttavia non è solo questione di gentilezza. Io sto apprezzando quelle persone, sto trovando in loro qualcosa di positivo; e questo è meraviglioso. Se poi qualcuno non ne fosse particolarmente colpito, pazienza – disse lui convinto – ed è proprio per questo motivo che bisogna cogliere tutte le occasioni ed essere tenaci. Vieni con me in quel negozio…

Entrammo. La commessa non ci degnò di uno sguardo né di un saluto, indaffarata com’era a riordinare gli scaffali. Io pensai che questo, a Milano, talvolta succede. Diego invece si avvicinò e le chiese: – Scusi, è lei che ha sistemato la vetrina?

– Sì, perché? – rispose quasi allarmata. – C’è qualcosa che non va?

– Nient’affatto. Anzi, personalmente mi ha colpito molto la cura dei dettagli; non ho bisogno di comprare nulla, tuttavia volevo farle i complimenti: credo che lei sia davvero brava a fare le vetrine, arrivederci.

Appena fuori dal negozio presi Diego per un braccio e guardandolo divertito gli dissi: – Sei matto da legare!

Diego divenne improvvisamente serio, si gonfiò nella sua giacca di velluto, e con tono quasi accademico, sentenziò: – Ci sono soltanto due cose che sono fondamentali da imparare: amare e lasciarsi amare. Io sto cominciando dalla prima, tutto qui.

– E questa dove l’hai sentita, in un film?

– Esatto – rispose lui, – e ora te ne regalo un’altra: non conoscerai mai l’amore se non ti arrendi a esso.

Scoppiammo entrambi a ridere, come divertiti da tanta improvvisa “saggezza”. Appena mi ricomposi, ancora un po’ ridendo, gli chiesi: – E adesso cosa pensi di fare, vuoi amare tutta Milano?

Lui mi rispose di non perdere la speranza, di non farmi sopraffare dallo scetticismo e poi aggiunse:

– Ecco ciò che manca a quelli che guidano gli autobus, ai dipendenti statali e a quelli delle pulizie: gli manca una briciola di amore, gli manca qualcuno che dica loro che lavorano bene.

– Perché, secondo te lavorano bene? – replicai io.

– Forse è perché nessuno rivolge loro una parola gentile. Hai mai pensato seriamente a delle vere forme di libertà? La libertà, per esempio, dall’opinione degli altri e la libertà dal sentirsi sempre giudicati con severità? Forse è la mancanza di amore che ci indebolisce. E quindi io non giudico più, vado in giro a diffondere qualcosa di buono…

Rimasi sorpreso da quelle parole, e mentre camminavo accanto a Diego, mi accorsi che, in fondo al viale, alcuni alberi erano in fiore. Che il mio amico avesse ragione?

Camminando, giungemmo nei pressi di un parcheggio sotterraneo in costruzione, dove alcuni muratori stavano pranzando appoggiati a delle travi. Diego si voltò verso uno di loro e disse: – Buongiorno: ho visto gli scavi e sono imponenti; posso chiederle quanto sarà grande questo parcheggio?

Gli operai lo guardarono con sospetto, tuttavia lui insistette: – Quanti piani sono previsti?

– Quattro piani – brontolò il più anziano di loro, – e ci dovremo lavorare tutta l’estate.

– Accidenti – disse Diego, – non deve essere facile lavorare con il caldo e gli scavi sono davvero impressionanti; state costruendo qualcosa di molto utile. Buon lavoro a tutti.

Li salutò uno per uno con una vigorosa stretta di mano e, dopo aver girato l’angolo, io lo bloccai sgomento: – Che cosa pensi di fare adesso? Spogliarti nudo e dare tutto ai poveri come San Francesco?

Lui mi rispose molto semplicemente che quando una persona sente una briciola di attenzione e di rispetto su di sé, molto spesso diventa migliore e, talvolta, si comporta in modo migliore anche nei confronti degli altri.

– Ma non puoi far questo tutto da solo e ogni giorno della tua vita – insistetti io sempre più allibito. – Tutto sommato Milano è una grande città e tu sei soltanto un catalano cocciuto e pure di passaggio!

Diego rispose che la cosa più importante è non scoraggiarsi e aggiunse:

– Per me vivere intensamente significa eliminare l’ovvio e aggiungere il significativo, e l’amore è molto significativo! Inoltre il primo beneficiario di questa cosa sono proprio io; è bellissimo regalare parole gentili, anche se far tornare l’amore a Milano non è un compito facile. Sai, sto cercando di arruolare altre persone, soprattutto trovare dei residenti, degli abitanti stabili, gente come te insomma; sarebbe importante… – e sorrise con malizia.

– Ehi – dissi improvvisamente io, – ti ho visto, hai appena sorriso spudoratamente a una donna, ed era anche piuttosto bruttina.

– Sì, lo so – rispose Diego compiaciuto, – e se è un’infermiera, i suoi malati, oggi, avranno una giornata fantastica!


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